Fare Debito
Un contesto economico e geopolitico complesso

Viviamo un periodo molto particolare, a livello economico, politico e geopolitico. Ci sono guerre che infiammano il pianeta, ma allo stesso tempo l’Italia raggiunge una sicurezza sul debito pubblico e sulla crescita industriale che riesce a superare nazioni europee un tempo floridissime e competitive a livello mondiale come la Germania, ufficialmente in recessione, e la Francia, in cui scoppia il peso di un debito pubblico triplo rispetto a quello italiano.

Tuttavia, in Europa molte persone si lamentano e anche in Italia cresce la povertà e l’esclusione sociale, collegati questi aspetti all’alto costo della vita, e alla mancanza di un salario minimo, nonché di salari e stipendi tra i più bassi d’Europa. L’Italia si salva rispetto alla Francia perché il popolo italiano ha accettato dei sacrifici come la legge Fornero sulle pensioni che il popolo francese fa fatica a digerire.

Le grandi potenze tra crisi e guerre

Non è ancora chiaro se la strategia economica degli USA di Trump funzionerà con i dazi e le guerre commerciali, ma nel breve periodo i dazi negli Stati Uniti stanno producendo inflazione e aumentando il costo dei prodotti commerciali, soprattutto quelli alimentari come le uova.

La Cina sta affrontando una crisi interna anch’essa per l’alto debito dei comuni e delle province, mentre il mondo è infiammato dalle guerre tra Israele e il mondo arabo-islamico e dal conflitto russo-ucraino.

Oltre i facili isterismi

Non bisogna tuttavia cadere in facili isterismi o deduzioni quali sono quelle dei media non mainstream che reputano che l’economia mondiale stia decadendo solo per le guerre e che senza guerre e con la pace tutto sarebbe meglio. Il problema non sono solo le guerre, ma anche i debiti pubblici e i sistemi monetari. La crisi economica si trascina già da troppi decenni e l’economia è stata falcidiata ulteriormente dalle guerre.

Il malcontento sociale e le piazze

Come reagire? Le piazze gremite per la difesa del popolo palestinese massacrato da un Israele che è sempre più feroce, nascondono anche delle motivazioni di classe, ovvero il depauperamento di sempre più ceti, soprattutto i giovani ma anche chi sta per finire di lavorare, si approssima alla pensione, ceto medio, pensionati e classe operaia.

Ecco perché è sviante occupare delle piazze solo con la bandiera palestinese, senza chiedersi se si può tornare a parlare di un ordine globale che, causa la vittoria di Trump alla Casa Bianca e la faciloneria del presidente americano che gioca a rimpiattino con Putin, è riuscito nell’intento di una risorgenza della geopolitica e delle nazioni rispetto a un ordine internazionale, ed è riuscito anche nell’intento, piegandosi alla Russia e a Putin, di dividere l’Occidente tutto.

Sovranismo e politica italiana

Ecco che non bisogna nemmeno cadere nella trappola di pensare che la riscossa dei ceti più poveri passi per una riconquista della sovranità nazionale rispetto a monopoli di potere ed economici e oligopoli mondialistici. Teorici di questa sovranità perduta possono essere politici come Massimo D’Alema a sinistra fino a frange di sinistra (Marco Rizzo) o di destra (dalla Meloni alla Lega e gruppi di destra minori).

Pur essendoci differenze sostanziali nei programmi di questi gruppi politici, possiamo dire che essi hanno iniziato il loro percorso politico-elettorale a metà dei primi anni 2000 (2006), ponendosi in chiave chi più o chi meno antieuropeo, contro la Banca Centrale Europea fino alle critiche a Draghi e all’establishment europeo considerato “massonico”, e per ripristinare una cosiddetta precedenza delle economie nazionali nello stampare moneta, ovvero la “sovranità monetaria”.

Naturalmente, politici di lungo corso come D’Alema che adesso flirta un po’ troppo con la Cina e quindi il blocco asiatico, non hanno mai parlato di sovranità monetaria italiana, ma bensì di riformare l’assetto monetario europeo. Tra le altre cose arrivando fuori tempo massimo a portare avanti questa battaglia, poiché già a metà anni Novanta l’ex Presidente del Consiglio Bettino Craxi avvertiva sull’effetto distruttivo che avrebbe avuto il trattato di Maastricht e il peso della finanza speculativa dalla svalutazione della lira nel 1992 con Soros in poi, fino al primo nuovo ordine americanocentrico quando gli USA erano una potenza trainante.

Gli errori della sinistra negli anni ’90

L’errore di socialisti e comunisti poi divenuti SDI e PDS fu purtroppo di ragionare o troppo in senso nazionale (Italia) o in senso troppo eurocentrico. I governi Prodi e D’Alema degli anni Novanta ragionarono insieme a banchieri come Dini e Presidenti della Repubblica come Ciampi in modo ottimistico rispetto alle sorti di un ordine finanziario illuminato che avrebbe utilizzato l’ex partito comunista per realizzare un modello liberal-comunista tramite le privatizzazioni e i tagli alla spesa.

Infatti l’Italia e gli italiani sono stati bene, nel male, solo quando si faceva debito pubblico. I fatti accaduti nei primi anni Novanta, con il riordino del mondo dopo la caduta del muro di Berlino, hanno accentuato la crisi del debito pubblico italiano, sfociata nel 1992, quando iniziò Tangentopoli. Gli anni del consenso sociale facile tramite una spesa pubblica fuori controllo e l’assistenzialismo erano finiti e avevano portato al tracollo il sistema paese, e serviva un riordino politico in vista di un riordino anche tra le potenze mondiali visto il trionfo degli USA e la caduta dell’Unione Sovietica.

I governi che tagliarono ferocemente il debito pubblico dal ’92 al 2000 furono proprio governi di centrosinistra che garantirono il risanamento con politiche di austerity. Lo stesso accadde anche con il crollo dei debiti sovrani dopo l’impennata da spread del 2008 con il Professore Mario Monti, succeduto al governo Berlusconi, nella cornice della crisi dei mutui subprime nordamericani che infettò il mondo soprattutto occidentale, con ampie fasce di nuovi poveri, emarginati ed esclusi soprattutto negli Stati Uniti.

Craxi, Berlusconi e il debito pubblico

I governi invece che fecero più debito pubblico furono quelli di Craxi e precedentemente della Democrazia Cristiana negli anni dal ’70 al 1992, e i governi Berlusconi dal 2001 al 2008 con l’intermezzo del governo Prodi secondo nel 2005. Tuttavia, si può dire che i governi della Prima Repubblica fecero debito per il consenso sociale e per ovviare ai tanti problemi sociali dell’immigrazione interna alla nazione, a problemi come le case, il sostegno alle aziende in difficoltà ecc.

I governi invece del decennio berlusconiano partirono con l’idea di ridurre il debito pubblico. Giulio Tremonti, il ministro dell’economia dei governi Berlusconi, era un politico economista molto rigido sul debito, con tendenze colbertiste e mercantilistiche ma tuttavia con idee di ordine liberista. Ma tuttavia, pensiamo noi, che Berlusconi non fosse poi fino in fondo uno yuppie e integralista del liberismo ortodosso. Spesso infatti questa teoria è stata smentita dal suo operato e dalla sua predicazione: da un lato del liberismo alla Milton Friedman e Von Mises, ma poi mettendo in atto politiche keynesiane, come la richiesta (allo stesso pari di D’Alema e di certa sinistra colta) di una Banca Centrale Europea che non controlli a livelli maniacali la massa monetaria stampata e immessa nel corso, contro le ossessioni dei paesi del Nord Europa, Germania in testa con la cancelliera Merkel (molto capace come statista in casa, ma miope a livello continentale).

Ecco la scelta di Berlusconi di favorire nomine di liberal-keynesiani come Draghi e Bini Smaghi che molto fecero nel campo economico per aiutare i paesi con alto debito, definiti PIIGS (maiali) e che erano Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna.

I PIIGS e la crisi del 2008

Come vediamo oggi, tornando ai tempi attuali, molti di questi paesi sono tornati in auge e in forze anche se hanno governi di colori politici diversi. Solo in Irlanda però le politiche deflattive e di riduzione del debito promosse dalle istituzioni finanziarie internazionali hanno funzionato senza mietere troppe “morti”. Mentre la sorte della Grecia fu drammatica, e mentre Spagna, Portogallo e Italia ebbero delle sorti un po’ meno epiche, grazie a governi come il governo Renzi che, partendo sempre dagli stessi propositi berlusconiani e liberisti, non tagliò drasticamente il debito, anzi, stando a fonti ufficiali, lo triplicò.

Ecco avanzare quindi governi con forte presenza di partiti come Lega Nord e Movimento Cinque Stelle che fecero pressing sull’Europa per una rivalutazione del debito, ma comunque ormai dopo il governo Renzi l’Italia era una nazione osservata speciale dalla Commissione Europea.

Il governo Meloni e le sue contraddizioni

Oggi come oggi il governo Meloni sta riducendo di molto il debito pubblico ma a costo di un impoverimento di molte fasce sociali, di un congelamento dei salari e degli stipendi, del taglio della sanità che si prospetta, mentre riparte debolmente il comparto produttivo industriale e cresce debolmente il PIL, debolmente perché c’è un contesto internazionale particolare come dicevamo prima dominato da guerre commerciali, debiti e guerre.

Ma le forze di centrosinistra, se vogliono riscattarsi, dovrebbero porre più attenzione al tema monetario, piuttosto che a temi identitari strampalati o crogiolarsi in un’ipotetica pace mondiale con temi utopistici.

Il governo di centrodestra di Meloni ha sbagliato partner internazionali scegliendo Trump, come sta sbagliando a tagliare troppo la spesa. Ma il centrosinistra non può pensare, passato il governo Meloni e vinte le elezioni, di proporre agli elettori maggiore spesa pubblica come se fosse davvero attuabile.

Europa, Occidente e moneta

L’errore sta nella sottovalutazione di due pilastri fondamentali che devono essere riscoperti per dare ai cittadini una buona performance politica ed economica e uscire dal pantano. Il primo è l’Occidente che va di pari passo con l’Europa. Il secondo è il tema monetario che va di pari passo anch’esso con Occidente ed Europa.

Purtroppo le forze di destra sovraniste (dalla Lega pro-Putin alla Meloni pro-Trump) sono elementi disgregatori dell’Europa e dell’Occidente. Lo stesso si può dire di certi pacifisti a sinistra che sono filo-russi e filo-arabi e anti-europei e anti-occidentali.

La riscossa dei ceti più poveri passa invece per una grande politica di aggregazione occidentale, di condanna prima di tutto del trumpismo e dei suoi tentacoli perché divisivo dell’amicizia tra Europa e Stati Uniti, visto che Trump preferisce altri partner all’Europa, come Putin, Netanyahu o Milei.

Il secondo aspetto è il collante da dare all’Europa e all’Occidente, e il collante è per forza una nuova economica keynesiana che permetta all’Europa di fare lo stesso debito pubblico degli Stati Uniti per rimettersi in carreggiata, e spendere non solo nel campo della difesa, cosa necessaria, ma anche nel welfare — uno stato sociale europeo — e nel sostegno alle proprie aziende per rilanciarle innovando.

Una nuova unità economico-monetaria

Ecco che una nuova era per la sinistra che abbia a cuore il sociale non sta né nel richiamarsi a un ipotetico sovranismo nazionale (sovranismo monetario) o blocco egemonico russo-cinese alternativo a quello americano (D’Alema e Rizzo e tutti i post-comunisti), né in un nazionalismo che non sa lanciare un’idea più umana e sociale come quello di Meloni (che unisce Trump in politica estera, a Milei in politica fiscale e sociale: un mix che getta solo benzina sul fuoco degli scontri interni alla nazione e guerre civili).

La soluzione è una nuova unità economico-monetaria occidentale sia che stiano proseguendo i conflitti (russo-ucraino, israelo-palestinese) sia che i conflitti si fermino e avanzino nuove ricomposizioni del pianeta.

Ecco perché la prima tappa deve essere permettere all’Europa di avere una Banca Centrale simile alla Federal Reserve, la possibilità di emettere più moneta e fare più debito e ancorare l’economia finanziaria europea a una nuova economia occidentale, che piano piano possa adottare una unica moneta e abbassare i tassi di interesse come fece il governatore della Fed Alan Greenspan all’indomani dell’11 settembre, quando il mondo occidentale era minacciato dal terrorismo islamico.

Era una minaccia esterna, ma adesso la minaccia è anche interna ed è costituita dal fronte anti-occidentale di tipo sovranista, di sinistra o di destra.

✍️ EDOARDO BUSO