“Elezioni regionali in Veneto: ritornare a moltiplicare l’imprenditoria oltre la redistribuzione”


ALLE ELEZIONI REGIONALI SI PARLI DI “MOLTIPLICARE” LE ATTIVITÀ IMPRENDITORIALI COME PRIMA DELLA CRISI

Nei prossimi mesi, in Veneto ci saranno le elezioni regionali e dovremo, come cittadini e istituzioni, tirare le somme su quali forze politiche potranno governare e continuare un percorso di crescita nella nostra regione, o aumentare questa crescita senza tralasciare i temi del sociale, delle marginalità, fragilità e povertà.

Sinceramente, e qui lo dico a titolo personale un po’ dall’osservazione del contesto in cui vivo negli ultimi anni, sempre nella regione Veneto, negli ultimi decenni che coincidono con il governo Meloni e una nuova polarizzazione ideologica, vedo che i politici fanno a gara su chi sarà il politico e il partito più redistributivo, più “buono” e sociale, quindi ridurrà le diseguaglianze. Mentre in una regione un tempo florida di attività imprenditoriale come la nostra, si parla molto, da sinistra a destra, di redistribuzione e poco di moltiplicare le attività produttive.

Dalla crisi del 2008 in poi molto è cambiato anche nelle regioni locomotive d’Italia come Veneto e Lombardia. Luca Zaia deve affrontare difficoltosi tagli alla sanità, ma tuttavia il Veneto e la Lombardia resistono meglio agli urti della crisi mondiale più di altre regioni del centro e del mezzogiorno.

Non è solo un problema di federalismo fiscale, che segue strade tortuose come sono quelle delle riforme parlamentari e istituzionali e dei referendum che spesso necessitano anni e anni per affermarsi.

Esistono dunque due problemi. Il primo è quello sollevato giustamente da tempo immemore dalle forze di centrosinistra: lo faceva anche Craxi negli anni Ottanta, riservando delle frecciate all’imprenditoria del nord che pagava poche tasse. È vero: c’è un problema al nord di redistribuzione, di assistenza sociale, di nuove e vecchie povertà, che un sistema imprenditoriale liberale e liberista o il laissez-faire non possono risolvere strutturalmente. E su questo ha ragione la sinistra quando chiede che si verifichi l’evasione fiscale e si controlli maggiormente la stessa, soprattutto nelle regioni del nord. Ma lo stesso centrosinistra pare non avere idee sul lato della moltiplicazione imprenditoriale.

Negli anni dei governi Berlusconi e Prodi, prima della crisi del 2008, la politica di entrambi gli schieramenti era impegnata a cercare di capire come fare a moltiplicare le attività imprenditoriali. Il Veneto ha avuto per decenni molte attività imprenditoriali piccole e grandi, ma soprattutto di medio-piccole dimensioni. La politica, spesso di stampo moderato in questa regione, cercava di far decollare sempre più nuove imprese di media e piccola dimensione, favorendo l’imprenditoria, il rischio e con misure articolate in campo economico e industriale.

Non si può risolvere la questione dicendo che le attività industriali devono unirsi tra loro e creare delle imprese più grandi al livello delle altre nazioni. Questo è vero, ma è rimasta lettera morta di fronte ad attività imprenditoriali nel versante lombardo-veneto spesso poco innovative e futuristiche, basate su prodotti tradizionali.

Investire nella ricerca e nell’università, e quindi nel cercare di formare menti che possano innovare, è un primo passo, anche questo spesso disatteso dai diversi governi fin qui succedutisi. La verità è che se vogliamo preservare la ricchezza che ha fatto grande nella storia la nostra regione, dobbiamo ricominciare a pensare la politica con uno sguardo all’impresa.

E qui si spiega la dinamica in senso di analisi delle classi sociali. Da un lato abbiamo classi sociali che lavorano già nelle imprese, anche piccole e medie, pur con tutte le difficoltà che vi sono. Dall’altro abbiamo persone che non hanno esperienza di impresa e imprenditoria, alcune impiegate in altri ambiti, tutti onorevolissimi e positivi, ma è diverso fare anche il solo commesso in un’impresa, negozio o attività imprenditoriale, anche artigianale, dove si rischia ogni giorno. Poi vengono le miriadi di nuovi poveri: alcuni estromessi definitivamente dal sistema lavorativo, ai quali vanno indirizzati dei sostegni economico-sociali; altri che si possono recuperare (e la regione cerca di farlo) con la formazione permanente e via dicendo.

Tutto sta nell’armonizzare i soldi che vanno a professioni e attività non imprenditoriali, i soldi che devono andare al sociale e alle povertà, e cercare nel frattempo di moltiplicare le imprese. Purtroppo oggi come oggi la situazione è difficile, perché nelle nostre città e paesi stanno scomparendo miriadi di attività rispetto a tempi duri come gli anni Novanta e Duemila, dove comunque rimaneva una buona base.

Sono subentrati dei cambiamenti nel manifatturiero: la robotizzazione e automazione, le aziende che sono andate via dalle nostre regioni, la concorrenza sleale. È giusto correre ai ripari, ma la strada del proteggere dei prodotti che hanno prezzi non accessibili alle masse è sempre deformante, perché il mercato è destinato alle masse e non alle élite. Certo, ci sono le diplomazie internazionali che cercano di insegnare ai governanti dei popoli emergenti di pagare interamente i salari e rispettare i diritti del lavoro e umani, ma sono processi molto lenti.

La scelta sta a noi, sia nel votare cercando forze politiche che da un lato vengano incontro alle povertà e ai bisogni redistributivi e sociali, ma dall’altro non si fermino a quello e rilancino anche l’imprenditoria, favorendo chi la vuole fare anche con dei rischi.

D’altronde, la scuola economica austriaca, la più liberale e liberista, affermava che l’economia è prima di tutto comportamento umano, o azione umana. Ecco che i politici dovrebbero, sia nel centrodestra sia nel centrosinistra, promuovere delle azioni umane, un pensiero e un comportamento pro-imprenditoria (sempre tuttavia facendo in modo che l’imprenditoria paghi le giuste tasse). Questo sarebbe un primo passo, forse non definitivo e forse, in questi tempi di crisi mondiale delle catene del valore, ancora timido e incompleto, ma che va fatto per tenere saldo il principio secondo il quale la ricchezza può essere ancora adesso un moltiplicatore di benessere umano e “bagnare” non solo l’imprenditore cosciente di aver fatto del profitto, ma anche il povero o l’escluso.

Quindi, cari politici che vi candiderete alla guida della nuova amministrazione della regione Veneto, continuate a ragionare in senso moltiplicativo sull’imprenditoria, o convertitevi, se non lo siete ancora, a questo tipo di pensiero.

EDOARDO BUSO