Il governo Meloni sta scontentando molti cittadini italiani,sopprattutto i piu’ fragili,con il taglio e la riduzione del reddito di cittadinanza,l’obbligo di accettare il lavoro che viene propinato dai centri per l’impiego (anche se disabili) e in tutto il territorio nazionale.In piu’ il caro affitti che si fa sentire sopprattutto nelle grandi città urbanizzate come Milano o Bologna.
L’inflazione e la guerra in Ucraina che si spera giunga ad una fase decisiva,costituiscono il colpo finale alle economie della classe media italiana ma anche dei piu’ poveri.
Si chiedono sempre nuovi sacrifici ,dal comprare armi per inviarle agli ucraini (giusto che si difendino)fino ai soldi europei stanziati per la ricostruzione di questo martoriato paese.
Ma fin quando gli Italiani piu’ poveri possono resistere ad una situazione che si fa sempre
piu’ pesante,tra disservizi ,catastrofi idrogeologiche come quella appena avvenuta in Emilia Romagna, e alti costi della politica?.
Avvertono studi degli istituti liberali e liberisti che nei paesi baltici o stato è meno “pesante” che in Italia.Magari c’è una tassazione maggiore e progressiva,tuttavia i servizi sono migliori ,meno lenti ,meno burocratizzati ,piu’ efficienti,E allo stesso tempo il peso del privato e maggiore del pubblico.
I paesi nordici come Svezia,Finlandia Estonia,Norvegia,vengono lodati oltre che per l’utilizzo massiccio dell’informatica nella gestione dei servizi pubblici ,anche per il minore debito pubblico e la maggiore efficienza produttiva e industriale.Inoltre ci sono piu’ servizi e piu’ vicini al cittadino anche in termini di kilometri,oltre che per alcuni una mentalità piu’ aperta,e meno discriminatoria verso le minoranze.(Tuttavia non scordiamo che in queste nazioni spesso sono consentiti interventi eugenetici,dall’aborto all’eutanasia).
Spiegare perchè l’Italia nonostante tutto cio’ che paghi il cittadino medio di tasse,non abbia
un trattamento welfaristico (stato sociale)uguale o migliore di queste nazioni,sarebbe difficile in un unico articolo.Innanzittutto va detto che spesso l’Italia ha speso molto e male,
negli anni ottanta le amministrazioni “rosse” socialiste e comuniste erano quelle piu’ spendaccione.Ma anche negli anni duemila regioni di centrodestra (vedi la Sicilia)hanno implementato la spesa pubblica.
Inoltre i governi succedutisi dopo la crisi del 2008 hanno tutti aumentato la spesa pubblica (a eccezione del governo Monti).Ma allora come mai al cittadino vanno solo le briciole?
Sicuramente dall’entrata nell’euro in poi perchè l’Italia ha dovuto utilizzare i soldi derivati dalle tasse per sanare il debito uno dei più alti del mondo.In secondo luogo per la scarsa produttività,in terzo luogo dal 2008 in poi,si sono verificate quelle cosidette “politiche monetarie non convenzionali” (guidate dalla BCE di Mario Draghi)che hanno ridotto i parametri di stabilizzazione macroeconomica europea decisi a Maastricht,e hanno da un lato sostenuto gli stati a rischio default (Italia in primis)ma hanno anche impedito una presa di coscienza sulle riforme da fare.
E cosi che adesso si sta passando a politiche monetarie di innalzamento dei tassi di interesse ,di minore liquidità e si invoca a livello europeo e statunitense un ritorno alla normalità.
Diciamocelo sinceramente,questo ritorno è difficile e forse non ci sarà ,visto lo scoppiare di un inflazione legate alle materie prime e alla guerra.
Tuttavia c’è meno sostegno da parte delle banche agli stati nazionali.La politica economica del governo Meloni tende a restringere l’estendersi delle protezioni sociali e può innescare esplosività e rancore tra le fascie piu’ provate dall’aumento del costo della vita,se allo stesso tempo non si attaccano i privilegi diffusi dapperttutto.
Per creare un welfare di tipo svedese,la ricetta sarebbe di ridurre paradossalmente il welfare.Infatti in Italia politiche welfaristiche (fatte male),con spese in aumento in vari settori ,hanno causato una dipendenza sopprattutto nel meridione dal welfare state.Il paradosso che qui vogliamo far notare,è che un welfare migliore è un welfare che individui i piu’ deboli e sia in sostanza un welfare che “copra” meno persone invece che tutti i cittadini di una nazione.
Se c’è bisogno di meno welfare dovrebbe essere perchè c’è meno povertà.E per ridurre la povertà non c’è bisogno solo del welfare ma anche del lavoro.
Il socialismo liberale di Craxi con il piano economico sociale del ministro Rino Formica negli anni ottanta voleva individuare delle categorie che dovevano essere privilegiate dal welfare e quindi sostenute.Mentre incrementare i costi del welfare (privato)sulle categorie piu’ ricche.
Adesso come adesso c’è da un lato il liberismo del centrodestra che pensa come priorità ad aumentare la ricchezza prodotta per garantire la concorrenza internazionale e quindi tagliare il welfare.C’è dall’altro lato un assistenzialismo sociale che può essere nocivo (movimento cinque stelle e parte del partito democratico).
Uscirne non è facile perchè negli anni ottanta si poteva rinunciare ad un pò di welfare per far entrare le persone forti nel sistema produttivo a creare ricchezza.
Oggi come oggi invece c’è un numero di poveri tale (a differenza dei paesi nordici dove la maggior parte delle persone fa lavori concorrenziali e produttivi),c’è un numero di poveri tale che è sadomasochistico fare a meno di una quota di assistenzialismo.
Insomma il cane si morde la coda.La realtà è che un welfare di qualità lo si può costruire aldilà del liberismo spurio ,in nazioni dove si produca molta ricchezza.Ne deriva il teorema “meno welfare,welfare di qualità e piu’ lavoro per chi puo’ lavorare”.
Naturalmente per la politica nel tempo della globalizzazione agire è molto difficile senza creare turbolenze sociali,e penso che il governo Meloni stia troppo accellerando i tempi del gioco.
EDOARDO BUSO