Papa Francesco da tempo ,prima della guerra in Ucraina,va per il mondo affermando che viviamo nella terza guerra mondiale,combattuta a pezzi.
Anche l’unità europea,e a pezzi,e neppure la cura Ursula VonDerLayen ha dato i suoi frutti,se è vero quello che vediamo in Francia,ovvero un paese
dove è stata applicata una legge pensionistica surclassando il parlamento.
Non è la prima volta che succede questo,in Francia grazie al comma di una legge che permette al potere politico e presidenziale di bypassare popolo e parlamento.
Lidove il popolo pero’ è molto coriaceo.Un popolo che protesta in maniera dura e visibile contro il suo governo e le elite europee,è lo stesso popolo che ha fatto la rivoluzione francese
il maggio del 1968.
Non dobbiamo pero’ pensare che gli Italiani siano da meno,visto che già nel 1998 riuscirono a far fare marcia indietro a Lamberto Dini sulle pensioni,e poi visto il furore di piazza il tema dell’allungamento
dell’età pensionabile fu spesso procrastinato dai governi Berlusconi,e Prodi che si ritrovavano sempre folle inferocite di rifondaroli ,e girotondi quando volevano portarci al livello degli altri paesi europei.Fu Monti poi
che decreto’ con la riforma Fornero l’allungamento dell’età pensionistica ,con il pugno di ferro e in un panorama di crisi finanziaria perdurante,tanto che i sindacati ammutolirono,dopo essersi già sgolati contro Berlusconi.
E qui veniamo al merito della riforma.Capendo che l’Europa ed è per questo che anche la gestione Von Derlayen è fallita,si divide ancora troppo in un Europa centrale e mittelleuropea in un Europa del sud atavica,e in un Europa del nord
in cui i piani dei tecnocrati di Bruxelles non hanno fatto del tutto fiasco.
Lo si vede non solo nel campo delle leggi pensionistiche ,visto che esse sono sovrastrutture derivate da strutture piu’ importanti,tra cui il problema demografico,ma anche quello scolastico e della società della conoscenza.
Da un lato l’Europa del nord e parte di quella centrale come la Germania si sono autoeducate al debito basso,e ad una scuola e università che producono piu’ laureati e piu’ persone capaci nel mondo del lavoro e delle professioni.
Mentre l’Europa gallica e franco-meditteranea che comprende l’Italia,sono meno educati alle logiche tecnocratiche.
Si perchè oggi per parlare di età pensionistica,non si può fare a meno di parlare di robotizzazione,automazione,finanze a posto,demografia e scuola e università eccellenti.
Purtroppo l’Italia come la Francia non sono riuscite a raggiungere quei parametri definiti nel Trattato di Lisbona,che voleva che la maggior parte dei cittadini entro un dato decennio di tempo fossero laureati o diplomati.
Bisogna dire innanzittutto che l’Italia è sotto le medie europee per persone laureate e diplomate,e questo c’entra con le pensioni,perchè ci sono aziende troppo piccole,troppa poca informatizzazione,e i giovani non sono formati dalle Università e dalle
scuole in maniera da essere occupabili su lavori produttivi e utili nel terzo millennio,le università e le scuole non sono all’altezza dei loro cugini finlandesi o nordici in genere anche tedeschi,e oltrettutto non ci sono secondo possibilità ,perchè
c’è molta evasione scolastica e dispersione e poca voglia da parte della politica di mettere in atto progetti per recuperarla.
Il numero di laureati è importante per capire il problema pensionistico ,perchè si aumenta di regola l’eta’ per andare in pensione,in base all’accresciuto numero di giovani che entrano dopo nel mondo del lavoro,dopo gli studi .E quindi è naturale far andare in pensione
a 65 una persona che ha iniziato a lavorare a 30.
Ma poi c’è il problema demografico che tende a mantenere stabile tutta l’impalcatura,e su questo ci sono innumerevoli testi che spiegano la relazione tra aumento dell’età pensionistica e invecchiamento della popolazione,in rapporto al debito pubblico accumulato nel passato.
Si possono capire questi discorsi letti capendo la globalizzazione degli ultimi decenni,basata sulle logiche commerciali e liberistiche:demografia alta,tanti laureati capaci di inventare e produrre cose nuove,e poco debito ,sono la chiave di quello che è il liberismo promosso
dalle elite tecnocratiche dagli anni dell’unità europea in poi e dell’apertura agli scambi con l’Oriente capitalista tra cui la Cina.
Possiamo dire che l’Italia ha vissuto lontano da queste preoccupazioni con un sistema economico -politico molto dispersivo.Ma gloi stessi problemi si riscontrano anche se un pò attenuati ma non di molto,tra i nostri fratelli d’Oltraalpe.
Il trattato di Lisbona preventivava che entro le soglie di metà anni duemila si arrivasse ad una perfetta società della conoscenza in Europa con il 100 per 100 di laureati.Non è stato cosi ,il progetto società della conoscenza si è spezzettato,anche perchè non si può definire
tutta la conoscenza utile ai fini industriali e liberisti.C’è una conoscenza che è funzionale alle tecnocrazie alle multinazionali e al capitalismo e c’è una conoscenza che per questi ambiti è dispersiva.
L’Italia da decenni produce una conoscenza di “contorno”ma dispersiva per convalidare una società produttiva e in crescita.Si aggiungano poi le tensioni geopolitiche attuali e le fluttuazioni delle materie prime e capiamo che il nostro paese come la Francia non è riuscito ancora
a fare delle serie riforme nonostante i governi succeduti.Si vive ancora con strutture produttive ancorate al passato,nonostante l’automazione promessa e promossa ,essa è ancora parziale,e c’è tanta manovalanza a cui è ingiusto chiedere di andare in pensione dopo tanto tempo.Lo stesso si può dire
per tutte quelle funzioni e carriere dove non c’è ricambio generazionale,dagli impiegati statali ecc.Naturalmente ci sono tanti giovani che spingono per entrare nel mondo del lavoro impiegatizio in particolare statale,che trovano barriere costituite da persone che sono già vecchie e andranno in pensione con tempi
ancora maggiori,mentre il comparto privato,anchesso in crisi ,non sopperisce alla spinta di richiesta di lavoro di intere generazioni di giovani.
Insomma non solo la guerra,ma anche l’Europa ha un mondo del lavoro ,di polarizzazioni,differenze ,precarietà e spezzettato,e fare qualcosa per la politica già gravata da crisi internazionali è difficile.L’unica è sperare in un rallentamento della Cina.Ma questa è un altra storia.

EDOARDO BUSO