Nei giornali italiani impegnati sulla crisi del nostro governo a causa dell’Ilva e della manovra poco piaciuta a molti sia in basso che in alto,la notizia di questo fallito accordo commerciale tra alcuni paesi asiatici,è passata in sordina,insomma non ha destato clamore.Anche perchè concentrati come siamo su Conte,Zingaretti,Di Maio e Salvini ,ci dimentichiamo che siamo piccole nullità in un mondo sempre piu’ interconesso dove anche il destino di piccole nazioni dipende da accordi piu’ grandi.Infatti lo si vede già nel caso dell’Ilva e di come una multinazionale franco-indiana abbia deciso di dire bye bye all’Italia.L’India è una nazione con un peso notevole nella globalizzazione attuale,anche se ha un economia che non è florida come quella cinese o quella americana e nemmeno una tecnologia da far concorrenza a questi giganti.Ma è proprio l’India che per motivazioni economiche prima di tutto e poi politiche (le andremo a vedere)ha deciso di non ratificare un accordo ovvero il Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep) ,tra diversi paesi asiatici che sperano di integrare maggiormente le loro aree territoriali e i loro mercati.Forse è piu’ facile l’integrazione tra nazioni come quelle asiatiche, dentro l’Asean che è la Ue dell’Asia,che non integrare le economie europee.Perche’ sta di fatto che in Asia non solo è facile investire in servizi e produzione industriale da un paese asiatico all’altro,ma è anche facile per i paesi esterni al continente come gli Usa e l’Europa.Mentre in Europa non siamo riusciti nemmeno con la Bolkenstein ad creare un mercato cosi aperto e internazionalizzato sopprattutto nel settore terziario.Infatti da noi in Italia nonostante Luigi Di Maio il ministro degli esteri ,sia andato a Pechino dicendo che l’Italia è un partner privilegiato della Cina a causa del piano di investimenti sulla via della seta,tuttavia gli investimenti cinesi sono ancora pochi,e sopprattutto quello che non viene detto dai globalisti,le aziende cinesi che vengono a delocalizzare in Italia preferiscono maggiormente fare lavorare cittadini immigrati dalla Cina in Italia e anche questo è un enorme problema.
Ma torniamo al tema principale,cioè l’India.Prima di tutto l’India rifiuta dei trattati commerciali cosi invasivi da parte cinese perchè preferisce proteggere certi suoi settori fondamentali,come il settore primario ,sopprattutto quello dei prodotti agricoli,ma in particolar modo lattiero caseari.E qui vediamo un pò di protezionismo,che non possiamo dire sia una cosa buona o cattiva,perchè sicuramente protegge i produttori (in India il salario minimo è piu’ alto che in Cina)ma danneggia i consumatori che non possono comprare prodotti cinesi a basso costo.Esistono nel pianeta anche altre economie emergenti che preferiscono optare per un forte protezionismo si pensi alla Russia e al Brasile,piu’ protezionisti della stessa India.
E in secondo luogo con questo protezionismo l’India levandosi dall’accordo ,non potrà avere la preminenza nel dislocare certe sue produzioni tessili in paesi minori dell’Asia come il Bangladesh.
Ma certamente il rifiuto dell’India come anche del Giappone vanno visti anche nel versante geopolitico.strategico e preminentemente politico.Insomma l’India non vuole che la Cina diventi ancora piu’ forte di quello che è,perchè Cina e India sono diversissime a livello culturale e politico.In pratica l’India sta cadendo nelle braccia degli stati uniti ,infatti Narendra Modi il presidente eletto dagli indiani ha un buon rapporto con Trump,come lo ha il Giappone.Si denota che il mito del mercato libero senza limiti globale,non incanta piu’ nemmeno certi paesi asiatici che scelgono una via nazional-liberista alla globalizzazione.Lo sta facendo il Giappone e da “lui” c’è lo aspettavamo,ma non c’è lo aspettavamo anche dall’India.
Fatto sta che negli ultimi venti anni ,abbiamo raccolto a livello di masse ,molto poco i frutti del liberoscambismo planetario.In pratica se analizziamo molto profodamente la questione,è come se certe nazioni stessero dicendo basta a questo modello.Lo fa la popolazione in Europa con i populismi e i sovranismi,ma lo fanno anche capi di stato di varie nazioni dall’est europeo ,fino agli Usa di Trump fino alla Russia e adesso anche l’India.In pratica i popoli si stanno accorgendo,che si è stato un bene che ci sia stata la globalizzazione che ha permesso a miliardi di consumatori di comprare prodotti a basso costo.Ma tuttavia il mercato non si è mai integrato,e il capitalismo finanziarizzato è segmentato e non lineare:in pratica ci sono nazioni dove esistono i produttori -consumatori come la Cina,e ci sono nazioni dove esistono solo i consumatori (e prima o poi i soldi per consumare finiranno).Molti economisti dicono che a danneggiare l’economia globale (si pensi al Fondo monetario internazionale),sono le tensioni commerciali tra Usa e Cina.Ma secondo me il discorso è piu’ profondo,perchè ormai abbiamo prodotto talmente tante cose a basso costo in certi paesi,senza integrare veramente le economie nazionali tra loro a livello globale,che in molti paesi dove c’è recessione e disoccupazione ,non si riesce a comprare nemmeno piu’ quei prodotti a cosi poco costo,che causa l’inflazione costano sempre piu’.
In pratica è come se mancasse una legge Bolkenstein (che non ha funzionato a livello europeo)e non sta funzionando nemmeno in Asia,dove esitono tuttavia come dicevo prima economie già maggiormente piu’ integrate.
La strategia americana dei dazi è riuscita a causare un rallentamento nel colosso cinese ,ma non è solo grazie agli americani che la Cina rallenta,perchè c’è un enorme ristrutturazione dell’economia cinese a livello interno,E in piazza a Hong Kong le masse si svegliano dal torpore capital-comunista e chiedono maggiore liberalismo almeno a livello politico e di diritti umani.Intanto non si può dire che la strategia americana sia stata solo “muscolare”,perchè penso che gli Usa stiano cercando di livellare i mercati a proprio vantaggio,anche se sarebbe stato meglio che una strategia per aprire la Cina alla democrazia fosse stata intrapresa da tutti i paesi e non solo dagli Usa.
Staremo a vedere come andra’ a finire,ma intanto mi pare lampante che il tempo dell’euforia dei mercati stia finendo anche per l’Asia.
EDOARDO BUSO
